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...accendiamo la ricerca scientifica in patologia vertebrale…

La discopatia degenerativa lombare – Dott. Daniele Fabris Monterumici

pubblicato il 29/04/2013

 

 

DANIELE FABRIS MONTERUMICI

 

Direttore Chirurgia Vertebrale “Sandro Agostini”

 

Azienda Ospedaliera Università di Padova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La discopatia degenerativa lombare rappresenta una delle patologie più frequenti tra le malattie della colonna vertebrale. Quali sono le situazioni ed i sintomi clinici che ne possono fare sospettare la diagnosi?

 

Di gran lunga il sintomo clinico preponderante è la lombalgia (il così detto mal di schiena), che può presentarsi in modo multiforme (dopo sforzi, anche con episodi acuti; ricorrente dopo stazione eretta prolungata; sordo e con periodi intervallati di relativo benessere), a volte accompagnato da sintomi di irritazione radicolare (la così detta sciatica!)

 

 

Quali indagini strumentali consiglierebbe ad un paziente affetto da tale patologia?

 

Premesso che, un primo episodio di lombalgia non necessita di approfondimenti di diagnostica per immagini, ma in primis di un accurato esame clinico ed anamnestico, certamente il primo approfondimento deve essere costituito dall’indagine radiografica standard. Solo evidenze cliniche specifiche potranno, successivamente, indirizzare verso una RM.

 

Quali sono le terapie più efficaci nella cura della discopatia degenerativa lombare?

 

In fase acuta il riposo, l’astensione (o la limitazione) del movimento (anche con l’utilizzo di corsetti lombari – che, a mi vedere, non debbono essere in alcun modo criminalizzati – utili come sono specie nel corso di episodi acuti, la terapia farmacologica (che deve essere condotta con l’utilizzo di farmaci anti infiammatori, e non con l’uso di farmaci antidolorifici – di maggior o minor peso specifico – che non giuocano nessun ruolo nell’interrompere la catena patogenetica del dolore lombare, in cui l’infiammazione ricopre un ruolo preponderante); solo una volta risolta la fase di acuzie, la terapia riabilitativa (in tutte le sue accezioni) potrà giuocare un ruolo importante.

 

Ritiene importante un “igiene” della colonna vertebrale, come prevenzione di questa patologia?

 

Si, se per igiene si intende la prevenzione di sovraccarichi funzionali reiterati per lunghi periodi (in specie negli ambienti di lavoro), ma non va dimenticato, a tal proposito, che il sovraccarico funzionale è spesso insito in attività sportive (soprattutto professionistiche) realizzando, anche in questo caso, una problematica che si potrebbe definire “lavorativa” !

 

Vi sono evidenze scientifiche chiare che indichino un’univoca cura della discopatia degenerativa lombare? Quali letture consiglierebbe ai colleghi che volessero approfondire l’argomento?

 

E’ necessario sottolineare come, non infrequentemente, la discopatia degenerativa lombare (che, detto per inciso, non è altro che una aspetto dell’invecchiamento delle strutture osteo articolari, e quindi va considerata come variazione fisiologica) sia evidenza casuale in corso di approfondimenti di diagnostica per immagini (RM) eseguiti per altre patologie. In altre parole è opportuno ricordare come non “per sé” la discopatia necessiti di trattamenti, bensì i pazienti con sintomatologia clinica ascrivibile a discopatia degenerativa.

 

 

Ritiene importante il ruolo della ricerca clinica nel miglioramento della cura della discopatia degenerativa lombare?

 

La ricerca clinica riverte un ruolo fondamentale SEMPRE !!, e, con essa, la ricerca di base, che ne è l’augurabile prodromo.

 

 

Quali tipi di studi ritiene sarebbe importante intraprendere?

 

A mio vedere l’integrazione tra studi ultrastrutturali (che indaghino sull’evoluzione del disco intervertebrale lombare), in strettissima integrazione con studi di biomeccanica e cinematica della colonna.

 

 

A quali specialisti consiglierebbe di rivolgersi ad un paziente affetto da tale patologia? Quali centri italiani ritiene più qualificati nel trattamento della discopatia degenerativa lombare?

 

Di certo, e di frequente, appare necessario un approccio multiplo (non amo troppo in termine “multidisciplinare”); i pazienti affetti da tali quadri clinici non sono, come dire, di “proprietà” di nessun specialista. Non lo sono del Fisiatra, non lo sono del Chirurgo Vertebrale, non lo sono (a mio vedere meno che mai) del Terapista Antalgico.

A tal proposito mi si consenta di definire un concetto che ritengo essenziale:

Quando ci si deve occupare dei Sintomo (effetto) e non della causa che lo ha provocato?

A – quando non si sia in grado di riconoscere la causa, e di fatto su di essa non si può agire;

B – quando, pur conoscendo esattamente la Causa, che causa un Sintomo, non si sia in grado di rimuoverla !!

ET TERTIUM NON DATUR !!!