Direttore Chirurgia Vertebrale Oncologica e Degenerativa
Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna
I tumori primitivi della colonna vertebrale rappresentano una patologia rara, poco conosciuta e spesso diagnosticata non correttamente ed in ritardo. Quali sono le situazioni ed i sintomi clinici che ne possono fare sospettare la diagnosi?
Il dolore è il sintomo più comune, soprattutto per i tumori maligni a crescita più veloce e invasiva. Molto rapidamente la vertebra può essere erosa, ma i sintomi sono talmente importanti e le procedure di indagine radiologica così diffuse che la lesione diventa evidente e diagnosticabile prima che la vertebra collassi. Solo il cordoma –tumore maligno a lenta crescita- non provoca dolore quando insorge nel sacro se non quando raggiunge dimensioni voluminose all’interno dell’addome. Il dolore neoplastico all’esordio è per lo più caratteristico: non correlato a sforzi o posture, spesso notturno, gravativo, una specie di “rumore di fondo” meno frequentemente trafittivo.
Quali indagini strumentali consiglierebbe ad un paziente affetto da tale patologia?
Generalmente a fronte di un dolore vertebrale la radiografia semplice è il primo e più economico esame, che consente una visione globale della struttura ossea, ma nella maggior parte dei casi non dimostra sostanziali elementi diagnostici perché può evidenziare solo lesioni già significative. La TAC e la RMN sono invece in grado di mostrare precocemente elementi che possnoo almeno far sospettare la patologia. Aspetti di infitrazione neoplastica, di erosione delle strutture ossee, masse neoformate, sono immagini che devono far sospettare una malattia neoplastica. Tutti sappiamo che le metastasi sono ben più frequenti dei tumori primitivi, secondo alcune valutazioni circa 50 volte. E le sedi vertebrali sono così frequenti che un mal di schiena in paziente con anamnesi di carcinoma deve far subito sospettare la presenza di una metastasi e non solamente una banale artrosi. Ma è gravissimo errore trattare ogni lesione neoplastica vertebrale senza una diagnosi istologica, anche in presenza di una lesione primitiva. Non sono purtroppo rari i casi di secondo tumore, o di tumore primitivo che insorge in un paziente già affetto da altra neoplasia. Quindi una volta evidenziata la lesione neoplastica, è imperativo eseguire una biopsia, meglio con un grosso ago sotto controllo TC per raggiungere con sicurezza la lesione senza contaminare i tessuti vicini e sottoporre al patologo il tessuto più idoneo per la diagnosi istologica, la sola che consenta un trattamento adeguato.
Quali sono le terapie più efficaci nel controllo dei tumori primitivi del rachide?
Ogni diagnosi istologica richiede uno specifico trattamento, per questo è così indispensabile. Le lesioni benigne possono essere trattate solo con embolizzazione arteriosa (cisti aneurismatica) o con infiltrazioni di cortisone (granuloma eosinofilo) o con radioterapia (angiomi) o con radiofrequenza (osteoma osteoide) o con escissione chirurgica intralesionale (osteoblastomi non aggressivi). Alcune lesioni benigne non richiedono trattamento ma solo osservazione attenta (displasia fibrosa). Altre lesioni benigne, ma ad alta aggressività locale (tumore a cellule giganti osteoblastoma aggressivo), richiedono una chirurgia molto cruenta, al pari delle lesioni maligne a basso grado (cordomi e condrosarcomi). Si tratta della cosiddetta “resezione in blocco”, vale a dire la resezione del tumore senza che il chirurgo lo veda, in un bocco solo con tutto il tessuto sano che lo circonda. Intervento particolarmente difficile nella colonna vertebrale e nel sacro, talvolta impossibile, a causa del coinvolgimento di strutture come il midollo spinale o l’aorta che non possono se non a costo di gravi conseguenze, essere sacrificate per ottenere la resezione del tumore contenuto entro un blocco di tessuto sano. Per i tumori più maligni (osteosarcoma e sarcoma di ewing) anche la resezione in blocco da sola non è sufficiente e deve essere impostato un programma più complesso, che include anche chemioterapia e radioterapia. Per tumori come il mieloma e il linfoma la chirurgia è meno importante rispetto alle cure oncologiche e radioterapiche
Vi sono evidenze scientifiche chiare che indichino un’univoca cura dei tumori primitivi del rachide?
No, la tendenza è estremamente selettiva, anzi la ricerca è improntata sempre più allo studio delle anomalie genetiche dei singoli tumori
Ritiene importante il ruolo della ricerca sia di base che clinica nel miglioramento della cura dei tumori primitivi del rachide? Quali tipi di studi ritiene sarebbe importante intraprendere?
La ricerca di base è indispensabile nella prospettiva futura di una cura eziologica. La ricerca clinica è la nostra attuale arma per migliorare le tecniche chirurgiche e le combinazioni terapeutiche per associare il miglior risultato oncologico con la migliore qualità di vita
A quali specialisti consiglierebbe di rivolgersi ad un paziente affetto da tale patologia? Quali centri italiani ritiene più qualificati nel trattamento dei tumori primitivi del rachide?
La cura dei tumori del rachide deve essere affidata a chirurghi che abbiano acquisito sensibilità ed esperienza oncologica, indipendentemente dall’ origine neurochirurgica o ortopedica. Anche il miglior neurochirurgo –che potrà gestire al meglio i problemi neurologici- fallirà il trattamento oncologico (esponendo il paziente ad una prognosi pessima) se darà la priorità a considerazioni neurochirurgiche piuttosto che oncologiche. Lo stesso dicasi dell’ortopedico se darà priorità all’impianto meccanico piuttosto che alla escissione corretta del tumore. Per questo ritengo consigliabile far riferimento a centri che abbiano acquisito nel tempo esperienza nel campo dei tumori ossei e siano supportati da una equipe multispecialistica (patologo esperto nei tumori ossei, oncologo, radioterapista)